Nei percorsi dei “Silenzi d’Alpe colloquiamo, all’affascinante malga delle Marmotte, con Angelo d’Arrigo, navigatore del silenzio, nel contatto appassionato con i grandi spazi e gli animali del cielo.
C’è una cosa che ci incuriosisce molto nell’ascoltare le Sue imprese che ce la fa volgere in domanda: è proprio così leggera l’aria e così pesante la terra, oppure il desiderio di volare riguarda l’annullamento di questo doppio aria/terra, come se riuscisse, in questo Suo volo tanto alto, fare della terra e del cielo qualcosa di unito, unico, non più in opposizione e lotta?
Credo che la principale facoltà dell’essere umano sia quella di fare uso della propria intelligenza e fantasia; il connubio di questi due parametri fondamentali crea un’alchimia particolarmente fantastica, che può annullare il peso della terra come anche la leggerezza dell’aria. Questo significa che in realtà siamo noi gli artisti e gli artefici del nostro quotidiano e del nostro vissuto.
Chi vive una grande passione, come me o come l’artista del suono o un grande pittore (pensiamo ad un quadro di Ricasso: ti tocca dentro sebbene le linee non rappresentino una realtà oggettiva, quotidiana), colpisce fortemente la sensibilità in molte persone. Le cose che faccio io sono estremamente semplici, perché le vivo con la mia interiorità; ora, con queste cose estremamente semplici tocco la sensibilità delle persone, che si immedesimano in una mia realtà e ne sono accattivate.
Ma vi garantisco che da parte mia tutto avviene senza fatica alcuna, nella normalità del mio pensiero.
E questo è il fatto straordinario, che continua a far sognare la gente.
Penso che l’uomo sia fondamentalmente, forse a differenza di tanti altri animali, un sognatore, uno che fantastica la notte e che nei meandri del suo cervello riesce a creare delle sceneggiature che sono uniche, nella loro interpretazione del mondo.
E quando il sogno di un uomo, come posso essere io oppure un compositore, uno scrittore, tocca l’anima degli umani, allora avviene una magia collettiva, che fa diventare straordinario quello che una persona fa in modo normale (dico normale, non banale).
Di straordinario nelle cose che faccio io c’è, credo, questo accendere i sogni nelle persone che seguono i miei percorsi.
E realizzarli questi loro sogni.
Ovviamente, devo realizzarli perché se rimanessi nella ideazione soltanto del sogno e non nella realizzazione, allora non toccherei l’anima di quelli che sognano e che non riescono a realizzarli a causa delle più diverse ragioni.
Un pensiero moderno ritiene che la tecnica sia la causa dell’infelicità dell’uomo, del suo snaturamento, come se la tecnica, piuttosto di essere lo strumento che l’uomo usa per rendere la propria vita più semplice, fosse invece ritenuta essa lo scopo ed usasse l’uomo come mezzo.
Nelle Sue imprese vediamo, tuttavia, come la tecnica aiuti l’uomo a realizzare i propri fini, ovvero a raggiungere nuove conoscenze.
Nel mio caso, faccio uso di tutto quello che è tecnologico, e questo dal momento in cui ho cominciato approfonditamente a studiare Leonardo da Vinci:
ho capito, ad esempio, che ciò che a questo grande uomo del Cinquecento ha tarpato le ali è stato proprio la mancanza della tecnologia.
Se il Maestro avesse avuto a disposizione la tecnologia di cui disponiamo oggi (computer, fibre sintetiche, carbonio, alluminio, dacron o kevlar), chissà cosa avrebbe realizzato già nel sedicesimo secolo! Quindi io, uomo del Duemila, che posso quindi attingere a queste meraviglie della tecnologia, sono d’accordo solo in parte con quelle obiezioni.
Non bisogna essere vittime della tecnologia che serve al nostro scopo. Si è inventata l’acqua calda perché siamo riusciti a scaldare dell’acqua grazie alla fiamma: ora, quando fuori fa freddo, cosa c’è di più bello di una doccia calda? Dovrei forse farla fredda?
Finchè non si è schiavi ma utenti della tecnologia, fintanto che si controlla l’utilizzo della tecnologia, allora in nostro rapporto con essa diventa privilegiato rispetto a Leonardo, che non ha potuto contare su un simile aiuto.
Sono lontano dall’ipotizzare una similitudine tra me e Leonardo, ma vicino nel credere che un creativo possa utilizzare la tecnologia per raggiungere i propri obiettivi nel modo migliore e più facile.
L’altro aspetto che colpisce del Suo modo di vivere il mondo è quello che Lei definisce “io sono ospite della natura”.
Mi sembra che oggi questo sia un concetto da diffondere, in modo che possa diventare un insegnamento pedagogico per le nostre generazioni.
Mi piacerebbe riuscire a far passare diffusamente un messaggio di grande rispetto per l’ambiente. Quando parlo di “ospite” voglio specificare che si tratta di questo: se sono ospite Suo, a casa Sua, in qualità di ospite cerco di rispettare nel modo migliore le regole nelle quali sono ammesso, le regole Sue. Invece, spesso l’uomo si sente padrone dell’ambiente, padrone dell’area che lo circonda.
E questa è la peggiore conseguenza del fatto che le grandi Potenze hanno indotto il singolo a sentirsi proprietario dell’area in cui abita e respira.
Voglio, ciò nonostante, sperare che nel futuro mio, dei miei figli, di tutti, questo modo di pensare possa essere ribaltato, e che le grandi Potenze possano anch’esse sentirsi ospiti di un ambiente magnifico, in un nuovo contesto nel quale poter vivere meglio domani e in cui l’ospite rispetta prima di tutto chi lo sta ospitando.
Noi ospiti della terra dovremmo imparare a rispettare la nostra terra.
Giungiamo qui al Suo meraviglioso progetto Metamorphosis: diventare aquila per entrare nel grande mondo del volo. Un progetto che la sta chiamando a sempre nuove mete.
Innanzitutto, si tratta di una mia personale ricerca legata alla passione per il volo. Il volo è inscindibile dai grandi rapaci: se non ci fossero stati gli uccelli mai l’uoma avrebbe pensato di volare; se non ci fossero stati i pesci mai l’uoma si sarebbe sognato di nuotare.
Ed oggi l’uomo nuota in modo straordinario, in velocità, distanza, profondità, quindi si avvicina sempre più a quello che fa un mammifero marino, e noi siamo dei mammiferi.
Nel campo del volo l’uomo ha cercato di imitare il volo vero, quello degli uccelli, volo che ha spinto l’uomo a cercare di volare, sin dai tempi di Dedalo, attraverso Icaro, passando poi a Leonardo da Vinci, a Otto Lilienthal (il primo uomo a contrastare veramente la gravità in volo libero), ai fratelli Wright, a Neil Alden Armstrong (il primo a mettere piede sulla luna), arrivando fino ai piloti di oggi che riescono a fare cose straordinarie, e soprattutto in sicurezza.
Credo che l’uomo, a causa di interessi commerciali, di obiettivi bellici, sia andato troppo veloce nella ricerca del volo, abbia voluto strafare.
Quindi, partendo dal concetto del volo degli uccelli, che è stato il motivo iniziale della ricerca, l’uomo ha avuto interessi commerciali e bellici talmente grandi da riuscire oggi a volare a mach 2, mach 3, cioè a 2, 3 volte la velocità del suono, a duemila chilometri orari, grazie alla potenza, alla spinta, al motore. Invece, a me piace pensare che manchi una importante cartella in tutto ciò, quella legata al mondo della natura.
Questo file l’uomo l’ha chiuso troppo in fretta, prima ancora di avere indagato a sufficienza; è passato subito alla conclusione per avanzare, arrivare più fresco e prima del nemico o dell’antagonista commerciale, ecc.
Ebbene, in questi anni, la Nasa, cioè il più grande ente mondiale di analisi sull’aerodinamica, sui profili alari e su tutto ciò che concerne il volo, è giunta ad una certezza: l’uomo può volare a mach 2, mach 3, due, tre volte e anche più della velocità del suono.
Eppure non riesce a volare come volano le aquile, i falchi, Cioè non riesce a fermarsi per aria. Un velivolo dell’uomo non riesce oggi a fermarsi per aria, se non facendo uso di attrezzature altamente sofisticate, motori che spingono dal basso verso l’alto, ecc.
Un velivolo non riesce a fare quello che fa nel semplice volo un’aquila:
fermarsi per aria, osservare e poi eseguire lo spostamento secondo gli obiettivi prescelti. Quindi, non à vero che oggi l’uomo ha completato la sua ricerca sul volo: manca un pezzo. Io sto cercando di fare quello che senz’altro avrebbe tentato Leonardo da Vinci oppure Otto Lilienthal:
riuscire a capire di più in merito alle basse velocità, riuscire a rendere il volo più umano, più istintivo, più animale, meno meccanico.
Per questo sto cercando di ripercorrere il volo come se io stesso fossi un’aquila, addirittura il papà di un’aquila; sto tentando di entrare nel loro meccanismo di pensiero per fare più o meno quello che loro riescono a fare. Questa è la metamorfosi, come indica il nome stesso del progetto.
Trasformazione.
Ed evoluzione perché trasformarsi significa evolvere, far uso di quanto sapevo prima per riuscire ad aggiungere cose nuove e, grazie a queste novità, progredire.
In queste grandi altitudini, si parla di sette, otto, novemila metri, qual è il Suo rapporto con il silenzio o anche proprio nel momento stesso in cui Lei concepisce una spedizione (si legge nel Suo libro che a volte la notte si alza, gira nella stanza a mescolare le carte topografiche, a immaginare…): il silenzio che funzione ha per Lei?
E’ una grande stanza, nella quale entro quando voglio e come voglio; grazie all’energia che recupero in questa stanza riesco a focalizzare delle cose nel modo migliore.
Il silenzio contribuisce e mi aiuta a focalizzare con maggior precisione quelli che sono i miei obiettivi.
Sono un amante della musica, da quella classica a quella moderna, passando dal rock, al jazz, al blues.
Amo tutta la musica fondamentalmente, purchè rispetti l’armonia, eppure quando devo pensare o scrivere qualcosa, ebbene ho bisogno di isolarmi da tutto quello che può essere suono esterno, quindi anche dalla musica.
E questo mi fa pensare che il silenzio sia un ingrediente di creatività che ti permette di esprimerti con la massima interiorità possibile.
Mi piace pensare il silenzio come la grande stanza del creativo, che ognuno di noi contiene in se, e a cui ognuno, quando vuole e come vuole, può attingere.
Il silenzio è un ingrediente base nella vita dell’essere umano.
Sicuramente non può comunque essere assoluto, perché un silenzio assoluto non esiste, come non esiste nulla di assoluto nel nostro mondo.
Però, è bello riuscire a sentire il silenzio, ascoltare il silenzio ed in esso ritrovarsi.
Quando Lei vola, Le capita di ascoltare questo silenzio intorno, oppure si tratta di cogliere sempre qualcosa che può parlare del silenzio partendo dai suoni?
Il silenzio per me è un momento nel quale puoi ritrovare te stesso, come lo è la solitudine: nei miei viaggi attraverso il mondo, i deserti, gli oceani, i mari, le montagne, ho avuto sempre momenti estremamente lunghi di solitudine. E la solitudine è il miglior modo per ritrovare se stessi. Alla solitudine io associo il silenzio, perché la solitudine è un momento di distacco dalla realtà che ti sta intorno.
Quindi, solitudine e silenzio sono molto simili. Sono le situazioni ovattate a consentirti di far emergere quella parte di te che altrimenti sarebbe repressa o comunque … Sconosciuta.
Un’ultima curiosità che sorge in tutti noi che leggiamo o ascoltiamo i Suoi
racconti: cosa passa nella Sua mente quando incrocia l’occhio dell’aquila?
E’ una sensazione molto bella, profondamente umana.
Tutti i ricordi che ho dello sguardo delle aquile sono ricordi di grande comunicazione, momenti in cui avviene una simbiosi.
La massima simbiosi ho potuto sperimentarla non solo con le mie aquile, ma anche con altre specie animali.
Ho notato che gran parte della comunicazione passa attraverso lo sguardo. E questa comunicazione attraverso lo sguardo ho potuto metterla alla prova anche a quote stratosferiche con animali che mi hanno seguito a quelle quote, o in condizioni più difficili quando, ad esempio, delle gru siberiane, sorprese da una tempesta polare, si sono affidate al mio sguardo per capire quale fosse la soluzione per salvarsi.
Il mio sguardo “paterno” è riuscito a proteggerle: hanno totalmente riposto in me la loro fiducia, come fanno i bambini con il loro papà.
Si è trattata di una reale simbiosi, la quale prescinde dalla specie in cui tu sei integrato e a cui tu appartieni. E, quando riesce, è un dono prezioso.
Grazie.
Marchioro F. (2006) Silenzi e passi) Bolzano
"Silenzi d'Alpe"
www.silenzidalpe.it